RACCONTO UNA STORIA
«
Florenzia
è
stata
una
donna
che
ha
saputo
«svegliare
l’aurora,
cioè
vincere
la
marginalità
a
cui
la
nascita
sembrava
relegarla e rivolgere al mondo un messaggio di solidarietà e di speranza
»
Capitolo III
RITORNO A LIPARI E NASCITA DELL’ISTITUTO
1. Di nuovo a Lipari
Florenzia
giunge
a
Lipari
sul
finire
del
febbraio
del
1905.
Nove
anni
sono
passati
dalla
sua
partenza,
ma
quando
il
vapore
si
ferma
di
fronte
a
Marina
Corta,
le
sembra
fosse
stato
solo
il
giorno
prima.
È
a
bordo
con
il
fratello
Giuseppe
e
la
sorella
Angelina
che
erano
andati
a
incontrarla
fino
a
Napoli
e,
in
attesa
che
il
rollo
li
trasbordi,
si
affaccia
per
cercare
di
scorgere
la
mamma
e
le
altre
sorelle
che
devono
essere
ad
attenderla
e
per
vedere
se
qualcosa
è
cambiata
su
quel
pezzo
di
isola
che
aveva
salutato
partendo,
pensando
di
non
poterla più rivedere.
Ecco
lì
la
spiaggia
di
Marina
Corta
accerchiata
da
eleganti
case
a
due
piani,
di
cui
una
fila
si
spinge
fin
sotto
le
rupi
del
castello.
Ecco
le
imbarcazioni
tirate
a
secco,
le
più
grosse
a
destra
e
le
più
piccole
a
sinistra.
Ecco
le
numerose
barche
di
pescatori.
Ecco,
al
centro
della
spiaggia,
la
statua
in
marmo
di
san
Bartolomeo
con,
tutto
attorno,
la
cancellata.
Ecco
a
sinistra
all’imbocco
del
vallone
e
dinanzi
a
un
muricciolo
basso,
sulla
spiaggia
ciottolosa,
altre
barche
tirate
a
secco
e
dopo,
la
salita
di
San
Giuseppe,
che
porta
alla
chiesa
sormontata
da
una
guglia,
e
a
sinistra
della
chiesa
la
torre
ortogonale
a
tre
piani
con
una
finestra
tonda
sopra
e
una
sotto.
Sì, almeno Marina Corta è sempre la stessa, e sembra che il tempo si sia fermato.
Giunge
il
momento
di
salire
sulla
barca.
Il
mare
è
un
po’
mosso,
ma
braccia
robuste
l’aiutano
a
calarsi,
come
fanno
con
gli
altri
passeggeri.
E,
insieme
alle
persone,
i
barcaioli
prendono
in
consegna
il
bagaglio
e
lo
depositano
a
prua.
Quando
l’operazione
è
finita,
la
barca,
a
remi,
si
dirige
al
piccolo
molo
della
penisoletta
–
legata
alla
spiaggia
da
un
ponticello
–
dove
campeggia
la
chiesetta
delle
Anime
del
Purgatorio
con
a
fianco
l’ufficio
del
Porto.
Ed
eccola
lì,
sulla
piccola
banchina,
la
mamma
con
Nunziatina,
Maria
e
Caterina
e
uno
stuolo di parenti e amici che non tutti riconosce.
È
il
momento
dei
saluti,
come
un
antico
rituale,
perché
nell’isola
l’arrivo
e
la
partenza
assumono
una
visibilità
e
un
significato
tutto
particolare.
Ma,
mentre
alla
partenza
erano
la
mestizia
e
il
pianto
che
dominavano
la
scena,
ora
invece
ci
sono
sorrisi
ed
esclamazioni
di
gioia
e
di
bentornato.
Poi,
finito
il
momento
delle
effusioni,
tutti
insieme,
come
in
processione,
con
Florenzia
davanti,
nel
suo
vestito
di
suora
francescana,
sottobraccio
alla
mamma,
si
dirigono
verso
la
casa
di
Lipari,
‘ntu
Strittu
a
Sena,
dove
Florenzia
ha
abitato
quando,
bambina,
frequentava
le
scuole
di
Lipari
e
dove
tutta
la
famiglia
ha
soggiornato
prima
della
partenza.
E
nella
casa
di
Lipari
si
stabiliscono
sia
per
meglio
seguire
le
vicende,
sia
perché,
in
questa
stagione, la casa di Pirrera è troppo umida e fredda.
La
cittadina
è
cambiata?
Al
confronto
di
New
York
a
Florenzia
sembra
ancora
più
piccola,
vecchia
e
grigia
di
quando
l’aveva
lasciata,
anche
se,
a
guardarla
bene,
diverse
case
sono
state
ristrutturate
almeno
nei
prospetti,
c’è
la
novità
dell’illuminazione
pubblica
con
i
lampioni
a
gas,
e
al
centro
ci
sono
un
maggior
numero
di
botteghe
di
artigiani
di
quanto
ricordasse.
Ma
di
fronte
al
ritmo
frenetico
della
metropoli
americana Lipari le sembra statica e immobile come un presepio.
Il
giorno
dell’arrivo
viene
tutto
dedicato
ai
saluti
e
al
piacere
di
ritrovarsi
di
nuovo
insieme
e
in
buona
salute.
Anche la mamma, che a New York, specie negli ultimi tempi, era sempre così sofferente, sembra ringiovanita.
Ma
fin
dal
giorno
successivo
il
problema
sul
tavolo
è
quello
dell’istituto
che
doveva
sorgere.
Florenzia
nota
subito
una
reticenza
e
un
imbarazzo
in
mamma
Nunziata
ogni
volta
che
ne
fa
cenno.
Questa
sembra
paga
di
aver
riportato
la
figlia
a
casa
e
dimentica,
invece,
della
sua
prospettiva
religiosa.
Così,
la
sera,
sempre
nelle
rituali riunioni dopo la cena e dopo il rosario, decide di fare chiarezza.
–
Nei
prossimi
giorni,
e
se
non
è
domani
sarà
sicuramente
dopodomani,
dovrò
presentarmi
al
vescovo
come
ho
promesso
a
Washington
al
Delegato
apostolico.
Come
sta
la
situazione?
A
che
punto
è
questo
nuovo
istituto, di cui mi ha scritto Antonino e di cui pare tutti parlino?
–
Forse
c’è
qualche
problema
–
è
l’incipit
di
Nunziata
–.
Te
ne
parlerà
di
sicuro
il
vescovo,
ma
è
bene
che
ci
vai
preparata.
A
Lipari
sono
diversi
i
preti,
a
cominciare
da
don
Giovanni
Paino,
il
segretario
del
vescovo,
che
vogliono
un
nuovo
istituto
di
suore,
un
istituto
liparese
che
affronti
i
problemi
di
Lipari.
Non
tutti
vedono
di
buon
occhio
le
Suore
di
Carità
che
sono
a
Lipari
ormai
da
vent’anni.
E
non
solo
perché
non
si
occupano
dei
due
problemi
più
gravi
che
affliggono
il
paese,
e
cioè
quello
delle
ragazze
madri
scacciate
dalle
famiglie
e
quello
dei
bambini
abbandonati,
ma
soprattutto
perché
sembrano
troppo
attaccate
ai
soldi…
Per
la
questione
di
un
lascito,
sono
andate
in
lite
persino
col
vescovo.
Il
vescovo,
però,
tentenna.
Quando
sono
andata a trovarlo per parlargli di te, mi è parso molto incerto.
– Ma è stato lui a scrivere la lettera a mons. Falconio chiedendo il mio rientro – incalza Florenzia.
–
È
vero.
Ma
temo
che
l’abbia
fatto,
più
che
per
convinzione,
cedendo
alle
insistenze
del
canonico
Paino
e
forse
per
un
segno
di
attenzione
nei
miei
confronti
che
gli
ero
apparsa
tanto
preoccupata
per
il
tuo
destino,
sola, in un paese così lontano.
– Mamma, mamma… io non ero sola, avevo il mio istituto, le mie consorelle…
–
Scusate,
ma
è
inutile
recriminare
se
è
stato
un
bene
oppure
no
farti
tornare
a
Lipari
–
intervenne
don
Antonino
che
era
venuto
in
permesso
proprio
per
rivedere
la
sorella
–.
Non
credo,
Florenzia,
che
tu
possa
pensare
di
tornare
a
New
York.
Ormai
il
tuo
futuro
è
qui
e
vediamo
che
cosa
si
può
fare.
Quello
che
dice
la
mamma
è
vero:
il
vescovo
è
molto
perplesso.
È
solo
da
un
anno
che
è
giunto
a
Lipari.
Lui,
che
è
un
carmelitano,
uomo
di
meditazione
e
di
studi,
che
ha
passato
la
sua
vita
finora
fra
il
monastero
e
gli
studi,
l’insegnamento
di
teologia
e
filosofia
e
si
è
trovato
catapultato
in
una
realtà
dove
esistono
forti
tensioni
con
l’amministrazione
comunale,
la
borghesia
locale
e
dove
lo
stesso
mondo
ecclesiastico
è
attraversato
da
intrighi
e
pettegolezzi.
Il
vescovo
conosce
le
ragioni
dello
scontro
delle
Suore
di
Carità
col
suo
predecessore,
il
trasferimento
di
questi,
l’esistenza
di
forti
antipatie
nel
clero
per
queste
suore
che
vogliono
farla
da
padrone,
le
idee
che
circolano
sull’apertura
di
un
nuovo
istituto
che
potrebbe
riaccendere
lo
scontro
con
le
suore
con
possibili
strascichi
giuridici
e
burocratici.
È
chiaro
che,
quando
la
mamma
è
andata
a
sollecitarlo
di
prendere
una
decisione
che
in
qualche
modo
andava
verso
la
creazione
di
questo
nuovo
istituto,
lui
abbia
cercato di gettare acqua sul fuoco. E ha fatto capire che si trattava di un’ipotesi impraticabile…
– Mi ha congedato bruscamente, sottolinea Nunziata.
–
È
naturale.
Si
sarà
detto
come
era
possibile,
in
questo
clima,
affidare
un
tale
incarico
a
una
suora
che
veniva
dall’America
e
mancava
da
Lipari
da
nove
anni…
Forse,
avrà
pensato,
sarebbe
stato
più
semplice
chiamare
un
altro
istituto
da
fuori…
ci
sono
tanti
istituti
di
suore
anche
in
Sicilia…
Questa
è
stata
la
sua
reazione
di
fronte
alle
insistenze
di
mamma.
Poi
però,
nelle
settimane
successive,
ha
avuto
modo
di
ragionare
col
suo
segretario,
ma
anche
con
altri
preti
giovani
e
attenti
ai
problemi
sociali
come
don
Scolarici
e
don
Palmisano.
E
mi
sembra
che
sia
divenuto
più
possibilista.
Non
gli
sono
spariti
tutti
i
dubbi,
ma
non
è
più
sulla
difensiva.
Vai
a
trovarlo,
suor
Florenzia,
e
può
darsi
che,
conoscendoti,
superi
anche
le
ultime
perplessità.
puntata 12